Il diritto alla felicità

Cultura

Esiste il diritto alla felicità?
È una questione sulla quale si sono interrogati filosofi e giuristi di ogni nazione e di ogni epoca. In alcuni paesi, come gli Stati Uniti d’America, il perseguimento della felicità è stato inserito nei documenti fondamentali, ma in Italia? Anche qui finalmente parte il dibattito istituzionale sul diritto alla felicità.

La Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti d’America, risalente al 1776, inizia proprio parlando di felicità e del suo perseguimento come diritto inalienabile della persona:
“Noi riteniamo che sono per sé stesse evidenti queste verità: che tutti gli uomini sono creati eguali; che essi sono dal Creatore dotati di certi inalienabili diritti, che tra questi diritti sono la Vita, la Libertà, e il perseguimento della Felicità.”

Se facciamo un confronto con la Costituzione Italiana, vediamo un punto di contatto nell’articolo 3, dove si parla di pieno sviluppo della persona umana:
“[…] È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.”

Non viene citato esplicitamente il diritto alla felicità.

Romana Liuzzo, Presidente della Fondazione Guido Carli, propone di inserirlo proprio in questo articolo che sancisce il principio di uguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

“L’uguaglianza dei diritti – commenta Romana Liuzzo – non crea felicità di per sé, ma certo se trovasse compimento garantirebbe una condizione di partenza paritaria che agevolerebbe il percorso. Intendo dire che se tutti siamo messi nelle condizioni di vivere del nostro lavoro, c’è qualche probabilità in più che ci si possa dedicare alla propria felicità o a quella delle persone che ci circondano. In assenza di un’occupazione o di una vita dignitosa per la propria famiglia tutto diventa più complicato. Figurarsi il cammino verso una vita felice.”

Sono considerazioni che segnano questi tempi e che hanno portato la Fondazione Guido Carli a organizzare una Lectio magistralis a due voci a Roma nell’Aula Magna della LUISS, proprio sul “Diritto alla felicità” e sul “futuro dell’etica”, con la partecipazione di Gianni Letta e di Brunello Cucinelli.

“È importante l’identificazione della felicità con il bene comune” ha affermato Gianni Letta, “quell’interesse collettivo che, secondo Tommaso D’Aquino, è una felicità pensata e vissuta non come stato emotivo ma come riflesso spirituale e psicologico del voler bene e del far bene. Felicità è intesa non solo come desiderio per sé stessi ma come felicità sociale: il presupposto dell’armonica convivenza di una comunità, il substrato di un’etica di lavoro. Sembra retorica o pura teoria, ma non lo è.”

Perseguire la felicità quindi non solo per realizzarsi come individui, ma per collaborare attivamente alla costruzione di un futuro migliore.

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